mercoledì 27 aprile 2011

Croce Commemorativa Medaglia UNSOM Missione IBIS



Dopo l'escalation della guerra civile in Somalia nel 1991, l'ONU e l' Organizzazione dell'Unità Africana (OUA), hanno cercato di attenuare le sofferenze di 4,5 milioni persone somale, più della metà delle quali - nelle aree rurali colpite dalla siccità - si trovavano in grave pericolo per le malattie correlate a malnutrizione e carestia.

L'ONU, già impegnata in Somalia dai primi nel 1991 quando iniziò la guerra civile, ha progressivamente ritirato il proprio personale in occasione del verificarsi di fiammate di violenza. Una serie di risoluzioni del Consiglio di sicurezza e ripetute visite diplomatiche alla fine riuscirono ad imporre un cessate il fuoco tra le due fazioni locali, verso la fine di marzo 1992. Questi sforzi sono stati aiutati da altri organismi internazionali, come l'Organizzazione per l'Unità Africana, la Lega degli Stati arabi e l' Organizzazione della Conferenza Islamica.


Ma è il 4 dicembre del 92 - sotto il mandato delle Nazioni Unite - quando le forze armate statunitensi, con le truppe italiane e di altri Stati entrano in Somalia per attivare una serie di iniziativa umanitarie che potevano rendersi possibili solo nell'ambito di un contesto di sicurezza supportato da un dispiegamento militare che verrà denominato "Restore Hope".

La Marina Militare ha inviato il 24º Gruppo Navale che ha operato dall'11 dicembre 1992 al 14 aprile 1993, composto dall' incrociatore portaelicotteri Vittorio Veneto, la fregata Grecale, il rifornitore di squadra Vesuvio e le navi da sbarco San Giorgio e San Marco con gli uomini del Battaglione San Marco.

Il contingente italiano operò in particolare nell'area di Mogadiscio e nella zona di Balad, lungo la vecchia via Imperiale (secondo il vecchio nome del periodo coloniale). Le truppe italiane operarono con decisione ma cercando sempre il contatto con la popolazione, avvalendosi anche dell'immagine italiana positiva lasciata dal periodo coloniale fino alla fine del mandato fiduciario sul paese che durò fino al 1960. Vi furono anche accuse di isolati episodi di maltrattamenti ad alcuni cittadini somali, che furono oggetto di inchiesta da parte delle autorità civili e militari ma senza riscontri oggettivi. Addirittura un giudice censurò il comportamento dello Stato Maggiore dell' Esercito, tacciato d' aver «di fatto danneggiato i propri ufficiali» con «inerzie e approssimazioni» che avrebbero ostacolato tempestivi riscontri a loro favore.

Dall'altra parte, specificatamente le fazioni armate in lotta, vi fu spesso l'uso strumentale della popolazione contro le truppe, non solo italiane, per compensare la evidente inferiorità militare; l'esempio più tragico fu la cosiddetta Battaglia del pastificio, nella quale tre soldati italiani morirono e diversi vennero feriti. Ma tra le vittime italiane dirette o indirette della missione Restore Hope vanno annoverate anche due donne: Maria Cristina Luinetti, Sorella (grado funzionale Sottotenente) del Corpo Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana, uccisa nel Poliambulatorio Italia a Mogadiscio da un somalo per motivi mai chiariti ed Ilaria Alpi, che insieme con il suo operatore Miran Hrovatin, fu uccisa in un agguato da miliziani perché stava indagando sul traffico di rifiuti tossici dall'Europa alla Somalia.

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