mercoledì 22 settembre 2010

Poncho Woodland Camo


Il poncho è un indumento esterno progettato in materiale impermeabile e antivento per mantenere il corpo caldo e asciutto durante la pioggia. Il poncho militare è essenzialmente un unico grande foglio di tessuto, munito di cappuccio per la protezione della testa, dotato di bottoni a pressione sulle estremità per essere chiuso ai lati, con ampie aperture previste per le braccia.

Poncho alternativi sono concepiti come oggetti di moda, hanno la stessa forma ma sono realizzati con diversi materiali e forniscono ugualmente calore pur rimanendo traspirante e comodi. Spesso sono composti in lana o filato o maglia.

I poncho vennero impiegati per la priam volta a livello militare nel 1850 da Aaron Fletcher; erano in materiale lattice impermeabile e furono ufficialmente approvati nel corso della Guerra di secessione americana, sia come abbigliamento che come telo antipioggia sotto il quale proteggersi durante la notte. Originariamente previsti per i corpi di cavalleria, sono stati ampiamente utilizzati dalla fanteria

Al termine della guerra civile, ai corpi militari americani impegnati nella guerra ispano-americana del 1898 venne rilasciato il poncho impermeabile di tela gommata. Con l'entrata in guerra degli Stati Uniti nel primo conflitto bellico i marines preferirono l'impermeabile in luogo del tradizionale poncho sporadicamente impiegato come temporaneo rifugio di fortuna.

Poco prima della seconda Guerra Mondiale, al poncho furono apportate sensibili migliorie di costruzione, incorporando materiali più leggeri e un cappuccio con coulisse richiudibile con coulisse.

I Poncho furono ampiamente utilizzati dalle forze armate statunitensi durante la seconda guerra mondiale. Nel corso del 1950, furono realizzati in nylon leggero ed altri materiali sintetici sono stati sviluppati a livello militare. Il poncho è rimasto in servizio da allora come accessorio standard in campo militare impiegato come rifugio di fortuna, ma anche da cacciatori

giovedì 2 settembre 2010

Medaglia per le Madri Prolifiche


Nella sua ricerca di "nascite, ancora nascite", la dittatura oscillava tra riforme e repressione, tra l'incoraggiamento dell'iniziativa individuale e l’offerta di concreti incentivi statali.

L’ONMI, ossia l’Opera Nazionale Maternità ed Infanzia, rappresenta meglio di qualsiasi altra iniziativa questo lato riformista. Esso si occupava principalmente delle donne e dei fanciulli che non rientravano nelle normali strutture familiari. Altre riforme riguardarono le esenzioni fiscali concesse ai padri con famiglie numerose a carico, i congedi e le previdenze statali in caso di maternità, i prestiti concessi in occasione di nascite o matrimoni, nonché gli assegni familiari erogati ai lavoratori stipendiati e salariati.

Le misure repressive compresero invece il fatto di trattare l’aborto come un crimine contro lo Stato, la messa al bando del controllo delle nascite, la censura sull’educazione sessuale e una speciale imposta sui celibi. Si potrebbero includere inoltre gli avanzamenti di carriera previsti per i padri con famiglie numerose a carico, una misura che, considerati gli alti tassi di disoccupazione, si mostrò punitiva tanto verso le donne quanto verso gli uomini "morbosamente egoistici", cioè scapoli o sposati senza prole.

La politica demografica fascista sviluppò una doppia faccia. Da una parte fu energicamente normativa. Gli esperti consideravano le donne "mal preparate alla sacra e difficile missione della maternità, deboli o imperfette nell’apparato della generazione" e soggette pertanto a generare una prole "anormale". Per correggere questi vizi lo Stato fascista ambiva a modernizzare il parto e la cura dei figli. D’altra parte l’eugenetica fascista giustificava una politica di non intervento almeno riguardo ai cittadini più poveri.

Se l’obbiettivo era di aumentare le nascite, le riforme sarebbero state non solo costose ma persino controproducenti. Un tenore di vita più alto avrebbe potuto spingere la famiglia di un impiegato ad avere un secondo figlio, considerazione che giustifica la sollecitudine con cui la dittatura trattò il ceto medio impiegatizio.

Nelle famiglie contadine lo stesso miglioramento avrebbe solo incoraggiato aspettative eccessive, facendo assumere anche a loro la mentalità calcolatrice che induceva le famiglie urbane a limitare le nascite.

Le donne italiane, soprattutto quelle appartenenti alla classe operaia urbana, volevano avere meno figli. Per raggiungere lo scopo le donne praticavano la pianificazione familiare come potevano, ricorrendo principalmente all' aborto. Nonostante i draconiani divieti quest'ultimo divenne alla fine degli anni ‘30 la forma di pianificazione familiare più diffusa.

Dal momento che gli aborti erano tutti clandestini, sia che fossero praticati da medici "professionisti", sia dalla "comare" del quartiere, le donne correvano alti rischi d'infezioni invalidanti, di danni fisici permanenti e anche di morte

mercoledì 1 settembre 2010

Urban Camo


Il camuffamento sperimentale urbano per le uniformi da combattimento ( BDU ) è stato sviluppato attorno alla metà degli anni 80. Il modello si compone di tre tonalità di grigio disposti nello schema a chiazze, analogamente al woodland camo, per rendere più difficile l'individuazione dei Marines in tali ambienti urbani.

Come per tutti i modelli di BDU , gli urban camo sono stati realizzati in rip-stop. Il modello non è mai stato ufficialmente adottato e da allora è stato sostituito dal nuovo MARPAT camouflage pattern.

Il modello è stato ufficialmente dismesso poichè il colore nero non si trova comunemente in natura: attraverso la visione notturna, il nero puro, appare eccessivamente scuro creando un contrasto elevato di immagini indesiderate.